Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 01 ottobre 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Alzheimer: identificato un meccanismo di alterazione della memoria legato alla tau. I meccanismi molecolari delle alterazioni sinaptiche alzheimeriane, di cui si parlava nelle “Notule” della scorsa settimana, sono attualmente oggetto di intensi studi. Emmanuel Prikas e colleghi australiani hanno mappato gli interattomi tau e hanno delineato un legame funzionale della proteina microtubulare tau con la proteina vescicolare NSF, un’ATPasi vescicolare essenziale per il traffico dei recettori AMPA del glutammato. Tau è legata a NSF nel traffico degli AMPA associato alla plasticità e alla memoria. [Prikas E. et al., EMBO J. – AOP doi: 10.15252/embj.2021110242, 2022].

 

Occorre la cooperazione di tau e α-sinucleina per lo sviluppo della corteccia cerebrale. La tau, studiata per la patologia alzheimeriana e altre taupatie, e l’α-sinucleina, indagata per sinucleinopatie come la malattia di Parkinson, intervengono nello sviluppo normale del cervello e la loro cooperazione è necessaria per una corretta formazione delle strutture della corteccia cerebrale. [Cfr. Shengming Wang et al., Journal of Neuroscience – AOP doi: 10.1523/JNEUROSCI.0396-22.2022, 2022].

 

Schizofrenia: sperimentata in Cina l’associazione di risperidone e oxazepam. Confrontata in 60 pazienti schizofrenici con un trattamento standard in Europa negli anni Ottanta, ossia clorpromazina e alprazolam, l’associazione di compresse disintegrantesi di risperidone con la benzodiazepina oxazepam (Serpax) – mezzo secolo fa prescritta in Italia come ansiolitico per gli alcolisti – in due anni esatti di sperimentazione terapeutica ha fatto registrare a Liang Fang e colleghi un miglioramento della sintomatologia soggettiva e della qualità della vita, con minimizzazione di reazioni avverse. Questo studio e i suoi risultati saranno sicuramente oggetto di discussione e critica da parte degli psichiatri italiani. [Evid Based Complement Alternat Med. AOP – doi: 10.1155/2022/2344946.eCollection 2022].

 

Il cibo ad alta elaborazione industriale accresce il rischio di ansia e depressione. Cibo ad alta elaborazione industriale o UPF (ultra processed food) è il 70% di quello che si vende in confezioni industriali, come merendine, dolci, snack salati, ecc., Eric M. Hecht e colleghi hanno studiato 10359 adulti che non hanno mai fatto uso di sostanze psicotrope d’abuso (eroina, cocaina, metamfetamina, ecc.) valutando la quantità di UPF assunto in rapporto alla salute psichica. Le persone con la maggiore assunzione di questo cibo presentavano un tasso più elevato di depressione (lieve), erano psichicamente più sofferenti e facevano registrare un numero di giorni in cui erano ansiosi molto più elevato di quello delle persone con basso consumo di UPF. [Eric M. Hecht et al. Cross-sectional examination of ultra-processed food consumption and adverse mental health symptoms. Public Health Nutrition 1, 10 – AOP doi: 10.1017/S1368980022001586, 2022].

 

Gli stati mentali sono riflessi nei generi cinematografici. Uno stato d’animo sereno, ben disposto verso il prossimo, con una dimensione di coscienza aperta al nuovo e fiduciosa nella possibilità di fare esperienze positive trova riscontro nella solare intensità, vivace, sorridente e intraprendente del genere “commedia brillante”; uno stato d’animo incupito da timori e ansie, con un campo di coscienza ristretto intorno al nucleo delle preoccupazioni personali è riflesso nelle atmosfere cupe, nelle sospensioni temporali cariche di attese angosciose, nell’improvviso erompere di effetti come stimoli percettivi amplificati dei generi thriller e noir. Ciò che si trascura è che il potere evocatore esercitato sullo spettatore che si immerge in quelle atmosfere induce l’attivazione, attraverso il cervello, di schemi funzionali che interessano l’intero organismo, con effetti potenzialmente salutari nel primo caso e dannosi nel secondo. [BM&L-Italia, ottobre 2022].

 

Le civiltà precolombiane dell’America latina avevano sistemi di scrittura? Numerosi studi hanno dimostrato che la precoce acquisizione dell’abilità di leggere e scrivere la lingua madre migliora l’efficienza di vari processi cognitivi, oltre a conferire una migliore strutturazione del pensiero, un arricchimento dei suoi contenuti e una maggiore capacità di comunicare intenzioni, ragionamenti, dettagli descrittivi, fino all’esercizio dell’arte retorica di persuasione degli interlocutori. L’apprendimento e l’uso della scrittura determinano un’espansione letteralmente esplosiva del lessico individuale, e lo studio di testi scritti consente di apprendere interi procedimenti logici da impiegare come paradigmi o come strumentalità operazionali in circostanze e contesti diversi. Per tale ragione, quando si cerchi di studiare le caratteristiche mentali dei popoli nel corso della storia, è molto importante sapere se ci si trova di fronte a un popolo in possesso di una scrittura. Tuttavia, anche in assenza di una scrittura alfabetica, popoli come quelli dell’America Meridionale precolombiana e post-colombiana hanno esercitato in modo straordinario le abilità di simbolizzazione.

In un incontro della nostra società scientifica si è affrontato il problema della scrittura dei nativi del continente americano, con particolare riferimento alle civiltà precolombiane dell’America Meridionale e Centrale.

Garcilaso de la Vega non ha dubbi: “No alcanzaron a conocer las letras[1] (non giunsero a conoscere le lettere) e dello stesso parere è Waman Puma: “sin letras ningunas[2], ma gli Spagnoli e gli Indi di cultura ispanica intendevano per lettere le forme di esperienza culturale nate dalla scrittura alfabetica delle lingue del Vecchio Continente. In realtà, gli indi avevano dei sistemi per rappresentare simbolicamente dei concetti a scopo mnemotecnico o comunicativo. Tra le mnemotecniche più note vi è il quipu, un sistema costituito da una serie di cordicelle annodate e riunite in un ordine definito, usato dagli Inka e dai popoli da loro assoggettati o influenzati, per tenere la contabilità[3], fare da calendario, raccogliere informazioni di interesse sociale o politico; il sistema adoperato per la comunicazione a distanza era una “scrittura per oggetti”, i cosiddetti chuj, costituiti prevalentemente da pietruzze, semi di vegetali distinti per colore e denti di animali.

Un esempio particolare di scrittura per oggetti è stato tramandato dai Guaranì, che ne hanno custodito il codice e l’impiego tradizionale fino a tempi relativamente recenti. I Guaranì di lingua tupì vivevano nel Brasile dell’Est, ossia sulla costa dove poi sorse Rio de Janeiro, e nel Brasile Meridionale, dove ancora esiste una numerosa rappresentanza di questa etnia[4], ma erano e sono presenti anche in aree di Paraguay, Argentina, Uruguay e Bolivia. Ancora oggi, i loro miti e i loro riti pubblici attraggono l’interesse degli studiosi e la curiosità dei turisti. La loro scrittura parejhara consisteva nell’uso di un repertorio di significati convenzionalmente associati a oggetti, pietruzze, semi, denti animali e altro, in grado di trasmettere valori semantici di sostantivi e verbi. La realizzazione di un messaggio richiedeva la soluzione di problemi di ambiguità, sempre incombenti in assenza di una grammatica, e la diligente composizione degli oggetti da collocare in una particolare borsa di pelle, che veniva affidata ad un messaggero esperto. Il destinatario apriva la borsa e, seguendo un criterio generale, disponeva in terra il suo contenuto; solo quando aveva ricomposto lo schema simbolico seguito dal mittente, aveva inizio quel lavoro di interpretazione, non sempre semplice, che equivaleva alla lettura del messaggio.

Una suggestiva testimonianza seicentesca del padre José de Acosta ci fa comprendere come in Perù utilizzassero l’associazione di frasi udite a pedrezuelas, cioè pietruzzelle o pietruzze, come mnemotecnica per imparare le preghiere: “Ed è cosa da vedere come vecchi cadenti imparino il padrenostro con una ruota fatta di pietruzze e con un’altra ruota l’avemaria, e con un’altra ancora il credo, e come sappiano quale pietruzza sia ‘che fu concepito per opera della Spirito Santo’ e quale ‘patì sotto Ponzio Pilato’, e come si correggano se sbagliano, semplicemente guardando le loro pietruzze”[5].

José de Torquemada, narrando come gli Indi imparavano la Dottrina cristiana, riporta che contavano le parole delle preghiere da imparare, e poi, a ciascuna parola, facevano corrispondere un grano di mais o una pietruzza[6]. Per avere uno strumento permanente, equivalente a un nostro testo, fissavano i piccoli elementi simbolici su dischi di argilla, chiamati dagli Spagnoli ruedas, ruote, ognuna delle quali conteneva una preghiera.

Ma i reperti che più impressionano nel vederli dal vero sono stati trovati soprattutto in Bolivia, nel Dipartimento di Chuquisaca, a San Lucas: figurine modellate in argilla di pochi centimetri di altezza fissate su dischi con un andamento a spirale dall’esterno verso il centro, come quello del microsolco dei vecchi dischi musicali di vinile. Di cosa si tratta? Le popolazioni di area quechua e i Guaranì nella lingua tupì avevano elaborato una scrittura pittografica dell’idioma parlato, costituito da figure umane e oggetti con significato prevalentemente analogico; tale scrittura pittografica era rappresentata in tre dimensioni sui dischi di argilla trovati in Bolivia[7].

Molto interessante lo studio della matrice bidimensionale per comprendere i criteri di simbolizzazione di queste piccole opere di artigianato. In generale, si tratta della resa pittografica del quechua o del tupì-guaranì ma, i contatti con la cultura europea dei conquistatori, portarono a delle integrazioni con segni che esprimono soluzioni innovative. Ad esempio, la figurina femminile costituisce una resa analogica del termine quechua huarmi, che vuol dire appunto donna; la schematizzazione dell’albero rappresenta invece, in senso figurato, l’eternità, il crescere e il moltiplicarsi. Le nuove parole spagnole, riferite ad astrazioni non presenti nella realtà india, non potevano rimandare a concetti già conosciuti e il loro riconoscimento doveva includere qualche elemento della fonetica spagnola, così i nativi addetti alla scrittura escogitarono nuovi modi per nuovi simboli. Ecco un esempio: il suono quechua della parola ichu, che vuol dire ciuffo d’erba, assomigliava al suono principale della pronuncia spagnola del nome Jesus, così la rappresentazione pittografica del ciuffo d’erba entra come hichu in quella di Gesù. Con un riferimento fonologico si spiega anche perché nella resa tridimensionale della frase finale del Padre Nostro “liberaci dal male” si trova, in corrispondenza del “liberaci”, un pezzetto di vetro infisso: un cognome quechua ancora molto diffuso in Perù è Quispe, e vuol dire “libero”, quispi, quasi omofono, significa “vetro”.

Colpisce particolarmente un aspetto dell’influenza della cultura europea su questi popoli: prima della colonizzazione gli Indi usavano le mnemotecniche e gli altri antecedenti della scrittura per vari usi strumentali a supporto del ricordo, quali quelli già menzionati, ma non adoperavano questi sistemi per prendere nota delle azioni morali e dei fatti dello spirito riguardanti la vita di un singolo. Con l’evangelizzazione, si diffonde in modo straordinario l’abitudine ad annotare pittograficamente l’elenco dei peccati da confessare; e si sono trovate innumerevoli testimonianze di questo uso. Tradizionalmente gli storici hanno ricondotto questa pratica alla raccomandazione di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti che avevano evangelizzato l’America latina. Ma è interessante notare l’aspetto di crescita della consapevolezza morale attraverso la notazione permanente dei peccati commessi: la consuetudine, oltre a scongiurare il rischio di dimenticanza, accresceva la coscienza morale di sé stessi.

In conclusione, sebbene quei popoli antichi mancassero di una scrittura alfabetica e del supporto allo sviluppo e all’esercizio cognitivo che questa rappresenta, erano sicuramente sollecitati a compiere esercizi di inferenza, associazione e deduzione nell’interpretazione dei loro messaggi sui generis, senza contare l’impegno creativo di tutti coloro che contribuivano alla realizzazione di nuovi simboli e alla scelta di criteri per superare le inevitabili ambiguità, dovute alla multi-significatività degli oggetti e dei prototipi di riferimento. [BM&L-Italia, ottobre 2022].

 

Notule

BM&L-01 ottobre 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Cfr. Garcilaso de la Vega, Commentarios reales, Madrid 1723.

[2] Giorgio R. Cardona, Storia Universale della Scrittura, p. 249, CDE su licenza Mondadori, Milano 1986.

[3] L’uso del quipu per le registrazioni contabili era prevalente, al punto che il suo nome era tradotto “cuenta” o “manera de cuenta” dagli storici spagnoli del tempo (Lope de Atienza, 1570). Nel 1614 il depositario del sapere necessario all’uso del quipu è chiamato da Waman Puma “contador”.

[4] I Guaranì o Tupì-Guaranì, secondo stime federali e di ONG, nel solo Brasile sono circa 55.000. Discendono da antiche popolazioni del XII secolo a.C., anche se ritrovamenti archeologici brasiliani di chiara cultura Guaranì risalgono solo al 400 d.C.. Sono distinti in 3 sottogruppi: Guaranì-Kaiowa, Guaranì-Mbya, Guaranì-Nandeva.

[5] Giorgio R. Cardona, op. cit., p. 249.

[6] José de Torquemada lo attribuisce a nativi messicani e non peruviani, ma nessuna altra fonte conferma che in Messico si impiegasse questo sistema tipico del Perù.

[7] Le prime interpretazioni di pittografie come quelle di San Lucas sono riportate già nel 1956: per dire “uomo forte” si dipinge una bottiglia di alcool e una figura maschile; donne e uomini sono rappresentati da sagome nude, mentre la Vergine Maria è resa con una forma triangolare che rende una veste che scende sotto il ginocchio e, al posto della testa, ha una croce (D. Ibarra Grasso, La escritura indigena andina, Annali Lateranensi 12, 113, 1956).